Reviews Italy
Arlequins: The Great Beyond – Review (IT)
Italy – The Great Beyond
Si tratta del quarto album per il tastierista danese Lars Boutrup, a cinque anni di distanza dalla precedente pubblicazione. Già attivo in compagini come Big Bang, Supernova ed Evil Masquerade, Boutrup è stato anche coinvolto nelle colonne sonore di alcuni film scandinavi. Per questo nuovo lavoro si è affiancato al batterista Spike Nior (anche lui nei Big Bang) e al bassista Niels Wilhelm Knudsen, insegnante di musica e in altri contesti anche jazzista.
I riferimenti apertamente dichiarati da Lars sono Keith Emerson e John Lord, ma non si può certo negare l’influenza anche di Ken Hensley degli Uriah Heep, oltre a guardare al prog di realtà olandesi come i Trace o gli Ekseption più rockeggianti, gruppi in cui militava il tastierista Rick van der Linden. Vi sono sicuramente spunti divertenti come quelli di “Mr. T”, in cui il classico trio formato da tastiere-basso-batteria dà il meglio quando il lungocrinito leader si cimenta col caloroso suono dell’organo, anche se la produzione risulta fin troppo “perfettina” e tutta l’atmosfera risuona decisamente algida, quasi da automa, tipo la disco-music di fine anni ‘70/primissimi anni ‘80. Certo, i contenuti musicali sono comunque di altro livello e non si vogliono far paragoni, ma le sensazioni sono spesso analoghe. Un qualcosa che emerge sempre di più man mano che passano i pezzi, a partire dalle successive “Whatever Mama Said” e “Dripping Cycles”.
Peraltro, le varie fasi sembrano costantemente sommerse da se stesse; non si fa in tempo ad abituarsi ad un determinato passaggio che subito si passa repentinamente ad un altro, magari già ascoltato in precedenza all’interno dello stesso brano. Un peccato, perché in alcuni momenti sembra si possa davvero toccare punti emozionalmente alti, almeno sotto un piano potenziale. Andando oltre “Jerry and the Suitcase” e “Invenzio” – volutamente scanzonata la prima e tendente all’effetto sinfonico senza alcun picco di intensità la seconda –, ci sono “Ich Will Tanzen” e la title-track che acuiscono quanto detto fino ad ora, forse addirittura con una maggiore estraneazione asettica vicina ai lavori elettronici di Jean Michele Jarre.
Ma si può dire ancora di più: “Ich…” vorrebbe probabilmente avere una tale giocosità che, inserita com’è in questo contesto quasi da trasmissione televisiva presunto-avveniristica, finisce per somigliare a musica da videogico, in alcuni tratti persino irritante. Nel mezzo, “Klavier Stück Für Freude” solo per pianoforte. Forse, il pezzo più convincente.
In definitiva, nonostante non vi sia nulla da dire sulla preparazione tecnica, ai brani sembra manchi qualcosa. Potrebbe magari servire una chitarra elettrica o qualche strumento a fiato, anche se vi sono state famose e/o amate band (Emerson, Lake & Palemer, Quatermass, ecc…) che hanno reso valida la propria proposta adoperando solo i succitati strumenti, esprimendo energia, calore e soprattutto capacità compositiva. Oltre ad un uso sapiente delle voci, questo va anche detto, perché in questo caso si sta trattando di un album esclusivamente strumentale. Probabilmente, i super appassionati delle tastiere prog lo apprezzeranno comunque, anche se non vi sono momenti davvero topici. Peccato, perché le potenzialità ci sarebbero tutte.
Reviewed by: Michele Merenda
Tempiduri: The Great Beyond – Review (IT)
Italy – The Great Beyond
“The Great Beyond” è il nuovo lavoro di Lars Boutrup valente tastierista danese che con questo disco giunge al ragguardevole traguardo dei quattro lavori.Il fatto poi che Lars Boutrup faccia musica strumentale la cosa è assolutamente degna di nota perché di questi tempi è difficile trovare artisti del genere; ma è ancor più difficile trovare qualcuno che sia disposto a perdere del tempo per ascoltare una musica di siffatto genere.
Il nostro è un musicista dallo stampo classico che si rivolge ad un pubblico adulto; viste anche le sue influenze che vanno da Keith Emerson a Jon Lord. Ma non solo,infatti ascoltando il disco infatti mi è venuto in mente quanto fatto a suo tempo da Patrick Moratz e Bill Bruford tastierista il primo e batterista il secondo che hanno pubblicato diversi dischi e tra i quali mi sento di consigliarvi “Flags” il cui approccio è molto simile.Non potrebbe essere altrimenti anche perché, come dico spesso: “per ascoltare cose nuove bisogna essere curiosi ed avere una mentalità aperta”. Questo non perché sia difficile, per i molti, ascoltare della musica “particolare”.
Faccio questa affermazione solo perché ritengo che chi abbia interesse verso questo genere musicale ha già di per se un bagaglio tecnico pregresso di ascolto che gli permetterà poi di apprezzare e anche giudicare, come nel mio caso, di recensire un disco come questo.Ascoltando questo lavoro ci si rende subito conto di trovarsi di fronte ad un artista di indubbio talento e la musica che produce ha a che fare con un rock progressivo con forti tinte neo classiche. È quindi chiaro poi che citare i riferimenti soliti del genere: Elp; Yes; Trace; e Pink Floyd sia del tutto normale.
Il grande pregio di questo disco è che oltre ad essere registrato magistralmente è anche suonato benissimo. In questo disco non si trovano le strutture musicali intricate proprie del rock progressivo e permette quindi a chi lo ascolta, di vivere un’esperienza molto piacevole e permette di arrivare alla fine del disco senza troppi patemi d’animo.
Merito anche del fatto che lo stesso si componga di nove canzoni e che le stesse non abbiano una durata troppo lunga. Parliamo di una durata massima di circa 7 minuti e mezzo per “Dripping Cycles”. Mentre la più corta (e parliamo di circa quattro minuti), intitolata “Klavier Stück Für Freude”.Molto divertente è invece “Jerry and the suitcase” tanto è vero questo , che ritengo sia un brano adatto ad un airplay .
Dico sempre che il Progressive, più di ogni altra musica, ha capacità immaginifiche; di questo fa parte anche The Great Beyond e sebbene si tratti di musica strumentale, in taluni casi è impossibile non farsi trasportare dall’ascolto immaginando luoghi o situazioni del tutto particolari. Anche ascoltando la suggestiva “Inventio”: una traccia suggestiva dagli arrangiamenti molto larghi che ti fanno immaginare di volare tra le nuvole.
Altro pezzo molto bello è il pianistico “Klavier Stück Für Freude”. Dalle atmosfere tardo romantiche chiude in bellezza un brano dalla spinta elettronica della title track.In chiusura certamente “The Great Beyond” è un ottimo lavoro adatto agli amanti del genere e dei progster di tutto il mondo. A tutti gli altri dico: “avvicinatevi senza timore a questo genere e potreste scoprire di aver perso tempo per non aver ascoltato prima musica del genere .
- The Rising
- Mr. T
- Whatever Mama Said
- Dripping Cycles
- Jerry and the Suitcase
- Inventio
- Ich Will Tanzen
- Klavier Stück Für Freude
- The Great Beyond
Lars Boutrup – keyboards, organ and synthesizers
Niels W. Knudsen – bass
Spike Nior – drums, assorted percussion
Reviewed by: Stefano Bonelli
Arlequins: Small as a Ball – Review (IT)
Italy – Small as a Ball
Ritorna in piena forma il simpatico tastierista danese Lars Boutrup con il suo terzo cd di progressive rock strumentale e sinfonico, con una formazione classica alla EL&P, oltre al fido amico e bravo batterista Fredrik Sunesen ritroviamo infatti Niels W. Knudsen al basso, ed ambizioni compositive che vanno un pochino più in là degli assalti sinfonici a noi tanto cari, anche se talvolta come guilty pleasures un po’ imbarazzanti, perché “Small As A Ball” inizia proprio nella maniera più classica e vintage possibile, Hammond in evidenza e potenza bombastica che ci fa pensare alle epiche scorribande sinfoniche di Gerard, Motoi Sakuraba oppure Pär Lindh: l’impronta live dell’iniziale ed ariosa title-track viene così stemperata lievemente e progressivamente nei successivi brani in cui si riaffacciano le contaminazioni più elettroniche di Boutrup, come nell’urbano sinfonismo di “Metro Scheme 69” che riecheggia atmosfere quasi alla Jean Michel Jarre oppure in pezzi come “Back To Horn”, dove si frammentano sonorità più moderne e digitali su una piacevole fantasia melodica post genesiana, una fusione di generi che si inoltra più o meno spericolatamente verso il groove funky degli arcani arrangiamenti per synths in “Fur Deine Kleider” oppure nella più austera sinfonia progressiva di “Will We Dream About The Ball?”.
La produzione dei suoni è piuttosto calda, ben calibrata, e ci permette di apprezzare al meglio le differenti timbriche e dinamiche degli strumenti.
Quello che più mi piace di Boutrup è il suo gusto per le orchestrazioni ad ampio respiro e l’abilità come arrangiatore sinfonico, le velleità di compositore classico non gli mancano, magari potrebbe provare a cimentarsi nella scrittura di qualche colonna sonora…
Arlequins: The Symphonic Dream – Review (IT)
Italy – The Symphonic Dream
Il senso, se dobbiamo trovarne uno, potrebbe essere riassunto in questa frase: “Se uno suona bene le tastiere e vuole dimostrarlo a tutti, è bene che si dedichi al Progressive Rock, meglio se di stampo sinfonico”. Più che una dichiarazione è un luogo comune, ma talvolta calza a pennello e spiega in maniera chiara perché un giovane musicista si “caccerebbe” nei meandri di un genere che non ripaga, specie in termini crudamente monetari.
Lo ha fatto questo Lars Boutrup, danese dalle belle qualità non solo tastieristiche, visto che in questo suo esordio suona tutto, eccezione fatta per batteria e basso.
L’intento del disco è piuttosto chiaro ed è la riproposizione dello schema virtuoso tastieristico del prog settantiano. L’autore cavalca lo stile, non solo del trio più logico Wakeman – Emerson – Banks, ma recuperando certi manierismi anche da nomi come Thijs van Leer e Rick van der Linden, strizzando l’occhio a stilemi molto classici, uniti a tocco e suoni spesso più moderni e talvolta più vintage, come già visto – ad esempio – con i lavori del Pär Lindh Project. Tra tutte queste ispirazioni e queste miscele di stili, risulta difficile trovare un riferimento particolare e superiore agli altri, un lavoro che a tratti è piuttosto vicino, per suoni e tipologia costruttiva, è “1984” di Anthony Phillips, tenendo conto che qui – ovviamente – c’è un forte elemento virtuosistico a discapito di qualche livello emozionale in meno.
Il disco è composto da otto tracce, dai 4 a 9 minuti e quasi tutte, pur piacevoli e melodicamente persino amabili, risultano abbastanza penalizzate ritmicamente, per colpa della linearità delle figure con rullante secco e costante, non siamo a livello del progetto Jabberwocky di Nolan e Wakeman Jr., ma l’orecchiabilità del risultato è piuttosto decisa e si scontra, di conseguenza, con l’esibizione tecnica dell’autore.
Si discostano da quanto detto un paio di tracce: “A song for John” con i suoi quattro minuti di pianoforte, ricco ed evocativo e la pacata “Space peace” quasi una ballad tra il Tony Banks solista di “A Curious Feeling” e certe cose ambient – new age. Mentre è esempio tipico della massiccia ritmicità del lavoro, unita a corse tastieristiche di notevole presenza “Eddy will not be ready”.
Tutto sommato un lavoro di buon senso, che avrebbe potuto essere persino migliore se solo pensato per un pubblico più prog e dalle esigenze meno sbarazzine, ma siamo sempre in quel discorso che si morde la coda da solo: ha senso fare un disco con intenzioni prog, ma che punti anche sull’orecchiabilità per piacere in senso più vasto? Io credo di no, perché, come in questo caso, ne viene fuori un disco solo piacevole, piuttosto che un buon disco.
Roberto Vanali
Arlequins: Music for Keyboards – Review (IT)
Italy – Music For Keyboards
Nelle note promozionali allegate in questo cd la musica di Lars Boutrup è stata pomposamente presentata come “rock, classical music and movie drama”, tanto basta per giustificare un titolo che non lascia spazio per molte interpretazioni… “Lars Boutrup’s Music for Keyboards” è composto da una musica facilmente riconoscibile in un pop-rock sinfonico strumentale dai risultati alterni, coinvolgente, visionario ed allo stesso tempo mellifluo e non particolarmente originale, decorato da orpelli elettronici e new age, con qualche vaga ed irrisolta ambizione di musica ambient.
Il tastierista danese Lars Boutrup ha realizzato con questo album il suo primo disco solista, disco realizzato quasi in completa solitudine con l’aiuto del batterista Fredrik Sunesen alle percussioni: Lars Boutrup in realtà è in attività nel campo della musica da oltre una ventina di anni, con all’attivo un discreto numero di dischi realizzati attraverso diverse bands (Simecess, Rasmus Lyberth, Sing Sing, Big Bang, Evil Masquerade ecc…) ed anche un discreto successo di pubblico… evidentemente sazio del rock’n’roll, Boutrup ha deciso di dedicarsi con il suo “Music for Keyboards” alla musica strumentale e meditativa, ispirato probabilmente da maestri come Vangelis, Patrick Moraz e… Tony Banks.
La qualità artistica di questo cd è un po altalenante, Boutrup alterna composizioni piuttosto ispirate ed intense a momenti sin troppo prevedibili nel loro svolgimento ed anche un tantino kitch (ad esempio, la spensierata “Agent Orange”): la produzione limpida e pulita dei suoni gioca un punto a favore per “LB’s Musica for Keyboards”, le atmosfere evocate sono quelle dei grandi spazi incontaminati, una sensazione di illuminazione e rinascita spirituale, sensazioni ed atmosfere che si concentrano soprattutto nella parte finale di questo controverso cd.
Lars Boutrup sembra averci proprio lasciato il meglio delle sue capacità negli ultimi quattro brani di “Music for Keyboards”, in effetti l’imponente eleganza sinfonica di pezzi come “While the City Sleeps” o “Northern Lights” possono valere ben più di un ascolto… è lecito dunque aspettarsi da Boutrup ulteriori sviluppi e miglioramenti per un’eventuale seconda opera solista.
Giovanni Carta
Tempi Duri: Music for Keyboards – Review (IT)
Italy – Music For Keyboards
Per farci un idea di questo cd i paragoni che potrei fare sono quelli che ci riportano indietro negli (non troppo però) quando un tastierista svizzero Patrick Moraz diede vita ad un progetto di questo assieme al batterista inglese Bill Bruford e l’esempio più fulgido di questa duo fu un album intitolato “Flags” che ricordo come un album estremamente legato a sonorità jazzistiche e progressive,ma con in più il fatto che il disco in questione era totalmente strumentale e dava una visione diversa su come si potesse concepire dell’ottima seppure con una struttura semplice,altro esempio e forse più vicino stiticamente parlando è stato il progetto messo su da Jordan Rudess tastierista dei Dream Theater il quale assieme a Rod Morgestein batteria che ricordiamo in seno ai Dixie Dregs prima ed ai Winger dopo.
Questo chiaramente a grandi linee in quanto la musica di Lars Boutrup ricorda molto di più alcune dei Tangerine Dream più recenti anche se con i dovuti limiti del caso anche perchè in alcuni momenti come ad esempio “the Day after”si avvicina a certa New Age elettronica ma in questa sede seguita con più gusto.
Inoltre c’è da dire una cosa molto importante su questo artista danese,infatti i più attenti tra o si ricorderanno la sua partecipazione come special al disco d’esordio dei metallers Evil Maqurade.mi direte ma che c’entra Boutrup col metal ? Domanda più che giusta,ma evidentemente Lars è un poliedrico ed un eclettico e con questo “Music For keyboards” da una lettura diversa di come si possa proporre dell’ottima musica;la conclusione dopo tutta questa elucubrazione, è che se siete abbastanza aperti mentalmente parlando riuscirete a trovare nuove sensazione da questo incredibile artista.
Stefano Bonelli